EFFICIENZA O EFFICACIA?

LEFFICACIA è l’abilità di ottenere il risultato desiderato, a prescindere dalla modalità usata. Nel nostro caso ha a che fare con una prestazione pratica. Ad esempio il sedersi su un ramo di un albero a tre metri da terra, indipendentemente dalla tecnica impiegata.

L’EFFICIENZA è l’abilità di essere efficaci ma con una prestazione migliore. Ad esempio, arrampicarsi più velocemente, spendendo meno energia fisica e rimanendo in sicurezza, assicurando l’incolumità del proprio corpo.

Disegni di Riccardo Villanova

Quando pratichiamo l’Hebertismo o qualunque altra attività fisica, siamo quindi tutti chiamati a fare attenzione all’efficienza con cui ci muoviamo ed eseguiamo gli esercizi.

Come si riconosce un movimento efficiente? 
Un tale movimento è elegante, bello da vedere, silenzioso, fluido, eseguito in relax, con buona postura ed equilibrio e respirando opportunamente. 




Immagini & Immagini

Il sito si arricchisce della sezione immagini! cercala tra le tab!
Un grande grazie a Riccardo Villanova.



Hebertismo su Avventura 02/2015

Con grande piacere e soddisfazione annunciamo che l'ultimo numero di Avventura, rivista scout AGESCI per esploratori e guide, riporta un inserto tecnico con un nostro intervento!

Dategli una letta QUI!


Il numero completo lo trovate qui!



Primo Corso Istruttori Internazionale

Dal 1 al 3 Maggio 2015 lo staff di Hebertismo prenderà parte al corso istruttori internazionale "SET 1" a La Gervava (Belgio)! Tenetevi forte perché il Metodo Naturale in Italia farà un salto di qualità non indifferente e le competenze acquisite saranno immediatamente messe al servizio dell'associazione scout AGESCI! 
être fort pour être utile


MOTUS EST VITA

Intervista a Diego Zarantonello

Pubblicata oggi su www.percorsiditerre.it l'intervista sull'hebertismo a cura di Giancarlo Cotta Ramusino (Girumin).
Il testo completo dell'intervista si trova QUI!




Diego è un grande appassionato della ginnastica all’aria aperta, la sua passione lo ha portato a studiare, praticare e promuovere uno stile di attività fisica inventato molti anni fa.
Uno stile poco conosciuto che riunisce in sè elementi semplici, ma profondi e che invita anche nell’attività fisica a ristabilire un contatto più diretto con la natura.
Diego sta riscoprendo questo stile per svilupparlo e proporlo ad altri.
Diego, che cosa vuol dire “Hebertismo”.
L’hebertismo (da Georges Hébert, suo fondatore), più propriamente detto “Methode Naturelle” o Metodo Naturale, è un metodo di educazione “fisica, virile e morale” sviluppato in Francia agli inizi del ventesimo secolo.
Per educazione “virile” s’intende semplicemente la formazione del carattere e lo sviluppo delle qualità dell’uomo d’azione: energia, coraggio, forza di volontà, fermezza e “sangue freddo”.
Il termine “viril”, per i francesi significa appunto “energico, attivo”.
Educazione “morale” perché il tutto è finalizzato alla cultura di sentimenti nobili come la solidarietà, l’altruismo, l’onore, il rispetto e la lealtà.
Da qui il motto che riassume questo metodo: “essere forti (fisicamente e mentalmente) per essere utili (tanto agli altri quanto a se stessi)” 

ALL YOU CAN EAT

ALL YOU CAN EAT

Tratto da “Exuberant Animal” di Frank Forencich



Dire che abbiamo problemi col cibo non è abbastanza. Ogni anno consumiamo migliaia di libri sulle diete, articoli e talk show ogni anno e non ci basta. Misuriamo e analizziamo il nostro cibo fino all’ultima molecola e ancora siamo in ansia. Il nostro inconscio è frustrato, in uno stato di ansia perenne, costantemente sotto assalto dai messaggi del mercato del cibo che ci dicono di mangiare e bere di più e di tutto, mentre allo stesso tempo cerchiamo di perdere peso. Non c’è da meravigliarsi se molti di noi hanno abitudini alimentari non funzionali.
Sarebbe allettante approcciare il nostro enigma alimentare al suo stesso livello, ma propongo una soluzione filosofica. Per uscire dalla paura del cibo dobbiamo innalzare la nostra discussione ad un livello di astrazione. Dobbiamo cioè pensare meno al cibo e più al nutrimento, meno alle cose che portiamo alla bocca e più alle cose che nella vita realmente ci sostengono.


IL CIBO DI UN CHIRURGO

Ovviamente, il cibo è una parte essenziale del nutrimento, ma l’uomo non vive di solo cibo. Una dieta salutare è necessaria, ma lontana dall’essere sufficiente. Noi ci nutriamo di svariate cose.
Qualche anno fa presi parte ad una conferenza di medicina sportiva sull’allenamento funzionale e la riabilitazione.  Una presentazione mi impressionò profondamente: un importante chirurgo ortopedico parlò della sua esperienza nella ricostruzione del ginocchio, in particolare la riparazione chirurgica del legamento crociato anteriore (LCA). Mentre ascoltavo rimasi affascinato non solo dalla sua approfondita conoscenza dell’anatomia, ma anche dal suo assoluto entusiasmo per il suo lavoro. Era ovvio che quest’uomo viveva e respirava operazioni LCA. Più tardi, quando mi ritrovai a descrivere questo medico a degli amici, dissi loro “Quest’uomo preferirebbe sicuramente eseguire un’operazione piuttosto che mangiare”.
Quella volta stavo semplicemente colorando un po’ il linguaggio, ma ora mi sono accorto della verità della cosa. Non era solo una metafora. Si chieda a questo dottore di scegliere tra un piatto di aragoste e un nuovo paziente con un ginocchio da operare, ed egli sicuramente sceglierà il ginocchio ogni volta. Egli trarrà reale nutrimento dalla sua pratica chirurgica, nutrimento che lo sosterrà in maniera sostanziale e significativa. Per questo dottore, la chirurgia era cibo.
Quindi, anziché parlare di gruppi alimentari, parliamo di gruppi di nutrimento. Propongo di raggruppare il nutrimento umano in 5 categorie di approssimativamente uguale importanza: edibile, cinetico, sociale, esperienziale e biofilo.
Queste categorie sono in qualche modo provvisorie e saranno soggette a cambiamenti e interpretazioni. Tuttavia ci consentiranno di guardare al nutrimento in maniera semplice. L’idea è quella che per un sostentamento bilanciato si ha bisogno di prestare attenzione a tutti questi gruppi. Non è sufficiente il semplice mangiare cibo sano. Abbiamo bisogno di nutrirci attraverso una più ampia gamma di esperienze.


NUTRIMENTO EDIBILE

Il cibo edibile è il cibo tangibile che mangiamo ogni giorno: la roba che cuciniamo, mastichiamo e deglutiamo. Quella che compriamo al supermercato e che mangiamo al ristorante. Certo, c’è molto da dire sul cibo edibile, ma è già stato detto quasi tutto ed è rimasto molto poco da aggiungere alla discussione. Sappiamo che è una cosa intelligente fare colazione e consumare molta frutta e verdura. Sappiamo che è meglio ridurre il consumo di grassi trans e di carboidrati che influenzano l’insulina. Sappiamo che le diete sono solitamente controproducenti e che i venditori di cibo diranno qualsiasi cosa pur di farci mangiare i loro prodotti. È rimasto poco di misterioso.
Le diete primitive sono ora in voga, ma anche in questo campo sappiamo quasi tutto ciò di cui abbiamo bisogno. I primi ominidi erano puramente vegetariani, ma gli ominidi più avanzati e i primi umani cominciarono a cacciare e a mangiare carne. Infine siamo ora onnivori versatili. Nel momento in cui abbiamo cominciato ad emigrare e a stabilirci in bio-regioni differenti, abbiamo cominciato a nutrirci di una grande varietà di cibi. Alcune tribù indigene sono quasi del tutto vegetariane, ma le popolazioni Inuit dell’artico mangiano praticamente solo carne. Entrambi rimangono generalmente in buona salute.
Se abbiamo necessità di guide aggiuntive sul cibo commestibile, non dobbiamo fare altro che rivolgerci al movimento Slow Food, fondato da un gruppo di attivisti culinari europei nel 1989. La missione di Slow Food è quella di ritornare alle nostre radici nutrizionali privilegiando ingredienti di qualità, il piacere, la comunità e la sostenibilità. Il manifesto Slow Food ci dice quasi tutto ciò che abbiamo bisogno di sapere.


NUTRIMENTO CINETICO

La seconda forma di nutrimento umano è il movimento, l’attività e l’esercizio fisico. Sappiamo che i tessuti del nostro sistema muscolo-scheletrico, i nostri muscoli, tendini, legamenti e ossa, non possono svilupparsi in uno stato di inattività: essi dipendono dai carichi gravitazionali e cinetici per mantenere la loro integrità e salute. Quando un tessuto muscolare viene sollecitato, esso risponde con la crescita e aumentando gli impulsi neurali. Quando le fibre dei tessuti connettivi sono messe alla prova con contrazioni ripetute, esse super-compensano divenendo più spesse nelle articolazioni critiche. Quando le ossa sono caricate in maniera ripetitiva, aumentano la loro densità minerale.
In questo senso, possiamo parlare a ragion veduta di stress gravitazionali, cinetici e di resistenza come nutrimento.  I nostri tessuti necessitano di stress fisici allo stesso modo in cui necessitano di un apporto ottimale di proteine, grassi, carboidrati; in questa accezione non è un’esagerazione dire che il movimento fisico vigoroso sia cibo.


NUTRIMENTO SOCIALE

Il terzo gruppo di nutrimento è il cibo sociale, il bisogno umano di contatto, comunicazione e riconoscimento. Ad un livello intimamente fisico, ciò significa toccarsi. Non c’è questione su questo punto, l’essere umano ha necessità di toccare e di farsi toccare dagli altri: il contatto tattile è cibo. Questo bisogno è comune a tutti i primati. Eliminate il contatto fisico e una buona parte di salute sparirà con esso.
Oltre al contatto, abbiamo anche un irresistibile bisogno di riconoscimento sociale. Nessuno riconosce questo meglio di Robert Fuller, autore di Somebodies and Nobodies: overcoming the abuse of rank.
Il Riconoscimento sta alla psiche come il nutrimento sta al corpo. È il cibo dell’identità. Lo sguardo senziente di un altro essere umano conferma la nostra ragion d’essere. Questo è indispensabile alla salute mentale come il cibo è indispensabile alla salute fisica.
Fuller riconosce inoltre il problema nei termini di carenza alimentare
Come le carenze alimentari, le carenze di riconoscimento possono arrestare la crescita e ridurre le prestazioni. Al crescere della loro fame di riconoscimento, coloro che si sentono invisibili diventano sempre più disperati. Ciò che comincia come una carenza si trasforma in una conclamata patologia… Senza sorprese, le persone che non ricevono il nutrimento del riconoscimento subiscono serie conseguenze.
L’apprezzamento di Fuller del riconoscimento sociale come nutrimento si sposa perfettamente con recenti studi circa la relazione tra lo stato sociale e la salute. Quando andiamo a dare un’ampia occhiata alla salute in relazione al rango sociale, vediamo una consistente pendenza. Cioè, gli individui appartenenti ad uno status più alto tendono ad essere più in salute di quelli di un livello inferiore. Michael Marmot, professore di epidemiologia e salute pubblica al University College di Londra, chiama questo fenomeno “la sindrome dello status”.
L’ovvia spiegazione – che le persone di un rango più alto possiedono più soldi e un più facile accesso alle cure mediche – è solo una piccola parte del quadro. Le disparità sociali non riguardano solo il benessere, ma anche la partecipazione, il potere, il controllo e i sentimenti di merito. Questi aspetti sono i maggiori contributori alla salute e alla malattia. In questo senso, persone di rango più alto sono nutrite meglio dei loro soci di rango inferiore.


NUTRIMENTO ESPERIENZIALE

La quarta categoria del nutrimento umano include le sfide mentali, intellettuali e psicologiche che ci tengono impegnati con il mondo attorno a noi. Come ci nutriamo di proteine, grassi e carboidrati, ci nutriamo anche di scienza, arte e dottrine umanistiche. Le espressioni “nutri la tua curiosità” e “cibo per la mente” sono più che un linguaggio colorito. In fatti, le idee sono nutrienti umani essenziali. Abbiamo fame di verità, filosofie, spiegazioni e storie che illuminano il nostro mondo e le nostre situazioni difficili. Esplorare una buona libreria è come andare ad un buffet.
Similmente, ci nutriamo anche di rischio, novità e stress. Amiamo mettere la testa fuori ed esporre noi stessi al mondo. L’incertezza, la diversità e la novità ci stimolano e ci fanno andare avanti. Sì, lo stress può diventare cronico, opprimente e fisicamente distruttivo, ma in proporzione esso può essere altamente nutriente. Neuroscienziati hanno confermato questo fatto, scoprendo che l’apprendimento è più efficace quando avviene sotto l’influenza di livelli moderati di ormoni dello stress.


NUTRIMENTO BIOFILO

Il quinto grande gruppo di nutrimento è il contatto con il mondo naturale. Questa è la nostra fonte di cibo biofilo. Come descritto dal biologo E. O. Wilson, la biofilia (letteralmente “amore della vita”) è la nostra “innata tendenza ad associarci con le altre creature e processi viventi”. I nostri corpi si sviluppano in circostanze naturali. Studi condotti in alcuni ospedali mostrano che i pazienti con una finestra che dà su un contesto naturale hanno una degenza post-operatoria più breve, meno complicazioni e chiedono meno medicazioni per il dolore dei pazienti senza una veduta simile dalla finestra. E tutti noi abbiamo sentito parlare degli effetti benefici degli animali da compagnia sui malati.
I massaggiatori spesso parlano della potenza del contatto nella salute umana, ma abbiamo anche un bisogno più ampio che va oltre la nostra specie. I nostri corpi desiderano il contatto con piante, animali, terreno e aria aperta. Abbiamo bisogno di annusare la terra, toccare il suolo coi piedi scalzi, sentire la consistenza delle piante, osservare i movimenti degli animali, e sentire il vento sul viso. In un certo senso necessitiamo di essere massaggiati dal mondo naturale. I nostri corpi bramano questo contatto.


LA DIETA EQUILIBRATA

L’intelligenza ci suggerisce che gli stessi principi della sana alimentazione dentro al gruppo del cibo edibile, si applicano al nutrimento umano nel suo complesso. Ossia, cerchiamo la diversità, la proporzione e l’armonia in tutte le categorie. Il percorso ideale verso un nutrimento completo è il “mangiare” da tutti i gruppi, prendendo il nutrimento non solo dal cibo commestibile, ma anche dai gruppi cinetico, sociale, esperienziale e biofilo.
Il disequilibrio avviene nel momento in cui si cerca di attingere tutto il proprio nutrimento da uno o due gruppi; ipernutriti in un’area della vita, affamati in altre. È facile pensare a degli esempi. Conosciamo tutti delle persone che prendono la maggior parte del loro nutrimento da una singola attività o disciplina mentre ignorano altre parti della loro esperienza: l’intellettuale che non muove mai il suo corpo, l’atleta che non apre mai un libro o il bambino che passa il tempo sui videogame e non esce mai di casa.
Disequilibri nel nutrimento portano inoltre a compensazioni. Se abbiamo delle carenze in una categoria, probabilmente andremo e cercare nutrimento da qualche altra parte. Se non riusciamo ad ottenere il nutrimento cinetico, sociale, biofilo o esperienziale di cui abbiamo bisogno, quasi certamente compensiamo “mangiando” di più da un altro gruppo. In questi, di certo, quel “da qualche altra parte” è solitamente il cibo edibile. Molti di noi mangiano più del dovuto per la semplice ragione che non ottengono ciò di cui hanno bisogno in altre aree della loro vita. Non siamo realmente desiderosi di cibo edibile, ma stiamo morendo di fame in altri modi e sentiamo il bisogno di consumare qualcosa. E certamente, quando parliamo di nutrimento in senso ampio, è inevitabile andare a cercare analogie nel “cibo spazzatura” che non passa inosservato nel gruppo del cibo edibile. Ci meravigliamo dell’ ”esercizio fisico-spazzatura”, della “socievolezza-spazzatura”, delle “idee-spazzatura” e della “biofilia-spazzatura”. Come il cibo spazzatura commestibile, queste cose rimpiazzano il nutrimento autentico e prezioso e ci lasciano temporaneamente sazi ma fondamentalmente insoddisfatti. Naturalmente c’è molto spazio all’interpretazione su questo argomento e lascio a voi determinare cosa è finto nutrimento e cosa realmente soddisfa.


È palese dove la nostra cultura ha bisogno di andare. Necessitiamo di più movimento, più autentico contatto sociale, più impegno intellettuale e più contatto con il mondo naturale. L’idea, come sempre, è di rendere la nostra dieta completa, di nutrirci a tutto campo.

Diego Zarantonello




Il Metodo Naturale e le 10 famiglie di allenamento

Da un articolo degli amici di "Metodo Naturale Asti"

Per poter spiegare accuratamente l’applicazione di ciascuna delle 10 famiglie di Movimento Naturale non basterebbe un capitolo di 30 pagine, ed inoltre esulerebbe dall’obiettivo di questo articolo. Quello che invece vogliamo spiegare e far conoscere sono le origini e l'essenza di questo metodo.

Breve Riepilogo Storico
Le 10 famiglie di Movimento Naturale sono state individuate e definite da Georges Hébert, un ufficiale della marina militare francese vissuto a cavallo del 1900. Egli ha viaggiato per conto della marina militare in molti paesi non civilizzati, venendo a contatto con numerosi indigeni che vivevano in natura. Questi lo stupirono enormemente poiché molto più prestantidei suoi uomini addestrati: “I loro corpi erano splendidi: agili, abili, forti, resistenti, leggeri. Eppure non avevano nessun insegnante di ginnastica, solo la loro vita immersa nella natura.” Inoltre vivendo in natura erano anche molto temprati, resistendo facilmente sia al caldo che al freddo. Essendo Hébert uno studioso del movimento umano, prese appunti e nel viaggio di ritorno per la Francia pensò ad un modo per poter portare ciò che aveva visto nella propria società. Così nacque il METODO NATURALE con le sue 10 famiglie di movimento che ne caratterizzavano il pilastro centrale.

Hébert ha vissuto anche una catastrofica tragedia umanitaria, nell’isola della Martinica (Caraibi), con l’esplosione inaspettata del vulcano “la Pelee” che provocò la morte di più di 75.000 persone. In quel frangente, con le sue grandi qualità motorie ma soprattutto umane, riuscì a salvare circa 300 persone. Lì si accorse di quanto le persone comuni fossero assolutamente impreparate, sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista emotivo-psicologico, a far fronte a quel tipo di emergenza. Così promise a se stesso che tutto ciò che avrebbe insegnato nel METODO NATURALE doveva avere un’utilità più alta e soprattutto più umana. Questo episodio ha quindi creato la base per la filosofia del Metodo Naturale, che permea tutt’ora ogni suo aspetto.

Da queste sue esperienze è nato il motto generale del metodo naturale: “Essere forti per essere utili”.

Tornato in Francia, avendo a disposizione tutto il suo reparto militare, testò moltissimi esercizi e ne cercò una giusta progressione, pensando anche ad una ragionata modalità di allenamento. Ci furono fin da subito, e fino alla fine, moltissimi scontri con esponenti importanti della “ginnastica svedese” (didattica da palestra) che lo rallentarono nelle sue sperimentazioni. Quando il METODO NATURALE fu completato e testato, i risultati furono sbalorditivi sotto diversi aspetti. La differenza con l’approccio tradizionale era enorme. Per questo, l’ “allenamento naturale” fu in seguito allargato alle sezioni militari di tutto il mondo. Inoltre è tutt’ora la base dell’allenamento fisico di tutti i gruppi paramilitari (vigili del fuoco, protezione civile,…). Rimanere nell’ambito militare risultava però un limite alla diffusione, poiché si trattava di un ambiente chiuso e selettivo; infatti poco tempo dopo lo abbandonò per poter insegnare a TUTTI (compresi donne e bambini) questo suo “metodo morale”.

Alcune Precisazioni
In effetti, questo approccio può essere veramente utile a chiunque, dal disabile all'atleta, senza distinzioni di sesso o di età. L’obiettivo è migliorare, e migliorare si può sempre e da qualsiasi condizione di partenza.
Il Metodo Naturale dovrebbe costituire le FONDAMENTA MOTORIE di qualsiasi persona e bambino, prima che esso si specializzi in uno sport specifico (spesso dannoso o squilibrante).

Le 3 grandi Differenze con lo Sport sono: UTILITA’, MISURA, ALTRUISMO.

Ogni esercizio del Metodo Naturale ha un’utilità a più livelli, dall’utilità fisiologica a quella psicologica, da quella sociale a quella collaborativa di emergenza.
Il Metodo Naturale insegna il Senso della Misura, cioè ad ascoltare sempre le proprie sensazioni, imparare a comprendere i segnali del corpo e a non spingersi oltre i propri limiti.
Infine, insegna ad “Essere Utili” in caso di reale emergenza attraverso una preparazione progressiva e completa. Per questo sono state inserite nel metodo esercitazioni di collaborazione e interattività.

Le 10 Famiglie di Movimento Naturale
Fatta questa piccola introduzione storica, che riteniamo necessaria ed essenziale, possiamo ora spiegarvi qualcosa sulle 10 famiglie.

GRUPPO DELLE FAMIGLIE DI SPOSTAMENTO
-      Camminata/Marcia/Passo Scorrevole
-      Corsa
-      Salti

Questo gruppo è quello più importante. La prima cosa da allenare è la Capacità di Spostamento, in ogni modo, situazione e contesto. Inoltre prepara naturalmente la fisiologia del corpo per i successivi gruppi.

GRUPPO DELLE FAMIGLIE DI QUADRUPEDIA
-      Quadrupedia
-      Arrampicata
-      Nuoto

Anch’esse modalità di Spostamento, sono però forme di movimento avanzato o “di potenza” che servono proprio per incrementare la forza e molte altre qualità sia statiche che dinamiche. Molti degli esercizi che propone questo gruppo sono INDISPENSABILI per avere una buona muscolatura profonda che garantisca stabilità, postura e sicurezza.

GRUPPO DELLE FAMIGLIE DI STAZIONAMENTO
-      Lancio/Presa/Schivata
-      Equilibrio
-      Sollevamento & Trasporto
-      Lotta & Difesa

Sono quelle abilità che, una volta apprese, possono tornare utili in moltissimi contesti: di gioco, lavoro, caccia, salvataggio oppure per difesa personale da animali, cose o persone. Poiché tutti questi gesti hanno bisogno di un insegnamento tecnico, sono da ritenere di importanza “secondaria” rispetto ai gruppi di spostamento, che invece hanno la priorità. In questo gruppo rientrano tutte le attività interattive, di collaborazione, di sano gioco sportivo o di problem-solving.

IL PERCORSO HEBERT
Quando le basi di queste famiglie sono state acquisite, si può allora iniziare a unire e mescolare le diverse tipologie tramite un PERCORSO: inizialmente può essere predefinito per concentrarsi meglio sui singoli gesti, ma evolve poi in una versione libera che consenta l'esplorazione spontanea di ambiente ed ostacoli, con la completa espressione del proprio modo di muoversi.

Il percorso Hebert originale non dovrebbe essere caratterizzato da ostacoli artificiali, ma solo da ostacoli naturali. Ad ogni modo, per diversi motivi, può essere utile creare ed utilizzare un percorso artificiale il quale dovrebbe simulare nel miglior modo possibile un ostacolo naturale reale.

Allenarsi al Metodo Naturale significa in un certo senso allenarsi a far tutto. In questo modo, oltre ad avere allenamenti sempre diversi, creativi e divertenti, in caso di vera emergenza potrete sentirvi realmente utili, sia per voi stessi che per gli altri.

Buona pratica a tutti! :)

PREGARE CON L'HEBERTISMO


PREGARE O DIR PREGHIERE? 



“Un ragazzo dovrebbe imparare a pregare, non a recitare preghiere”; è la soluzione indicata da B.P., frutto di esperienze e di un’arte ben praticata. 
Facciamo del nostro meglio per tentare un riassunto delle indicazioni di B.P., a partire dai “sei esercizi per mantenersi in buona salute” suggeriti nella chiacchierata “come diventare forti” in “Scautismo per ragazzi” (da pagina 227 a pagina 231). 
Si parte dall’idea di un movimento regolare, atto a rinforzare a migliorare il corpo o una parte speciale del corpo: è l’idea dell’esercizio ginnastico. L’autore ne coglie il significato e l’importanza nell’insieme della vita di un individuo, nel corso della sua storia; è di particolare interesse la relazione fra il movimento e la respirazione. 
Formato spiritualmente al gusto ed al profumo di un sapere biblico, in famiglia ed in una scuola domenicale assai influente nella mentalità di un ragazzo, compone il movimento con il respiro, e questo composto con l’arte della preghiera. Il risultato è motivo di meraviglia, in alcuni passaggi potrebbe fare scandalizzare, ma l’inquietudine si acquieta in un’atmosfera di gioia e di speranza: il contrario della tristezza e della noia. 

In sei momenti opportuni condensiamo la nostra ricerca. 

1) La parola “scout” è della famiglia del verbo “auscultare”: ascoltare intensamente, come fa un medico per i battiti del cuore, per i respiri dei polmoni. La parola “scout”, e il verbo “auscultare” ci fanno venire in mente la preghiera assai cara alle sorelle ed ai fratelli, figli e nipoti di Abramo, d’Israele e di Giacobbe: “ascolta, Israele: il Signore è il 
nostro Dio, il Signore è uno solo” (Deuteronomio 6,4). 
Un momento di silenzio è opportuno per incominciare la preghiera, per porgere gli orecchi al suono della voce di Dio, e alle sue pause: ai suoi silenzi. 
Intanto, con questa intenzione, “con il palmo e le dita di entrambe le mani strofinatevi con forza, e per parecchie volte la testa, il viso e il collo; massaggiatevi i muscoli del collo e della gola”. 

2) B.P. suggerisce di “prender l’abitudine di ringraziare Dio, o di render grazie in qualsiasi momento, per ogni occasione particolare di gioia, che egli prova: sia essa una bella giornata, un bel gioco, ecc. (e non 20 solo un buon pasto)2 (da una nota scritta nel 1909 e pubblicata su “The Scouter”, maggio 1939). 
Il “grazie” può provenire da un esercizio opportuno. “Partendo dalla posizione eretta, piegatevi in avanti con le braccia tese, con le mani dorso contro dorso all’altezza delle ginocchia. Espirate. Sollevate quindi lentamente le mani sopra la testa e portatele più indietro che potete, inspirando profondamente attraverso il naso, come se 
beveste, coi polmoni e col sangue, la buona aria, che Dio ci ha dato. 
Poi abbassate lentamente le braccia, lateralmente ed espirate attraverso la bocca”.

3) “E’ cosa buona benedire gli altri. Per esempio, se vedete un treno che parte, pregate Dio di benedire tutti coloro, che sono sul treno”. (Scoutismo per ragazzi” 22’ chiacchierata al fuoco di bivacco). “benedire” è “dire bene”, comporre insieme il dire e il bene. Quando 
il Signore Iddio dice una parola, e questa parola riguarda un bene, questo bene è realtà. In questo senso invochiamo la divina benedizione sugli altri. 
Prendiamo la posizione opportuna. “Posizione eretta: spingere avanti le braccia, diritto innanzi a voi, con le dita tese; portarle quindi lentamente verso destra, mantenendole all’altezza delle spalle o leggermente più in alto e senza muovere la parte inferiore del corpo; spingere il braccio destro all’indietro quanto più possibile. Poi, dopo una pausa, giratele lentamente a sinistra, spingendo questa volta il più indietro possibile il braccio sinistro”. A questo punto si domanda al Signore Iddio di benedire: le persone della famiglia, le persone amiche, altre creature. 

4) “Il Signore diceva: ‘Devo tener nascosto ad Abramo ciò che sto per fare?’” (Genesi 18,17). “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (Giovanni 15,12-15). 
Tale amicizia può esserci rammentata da atteggiamenti quotidiani, come questo “esercizio del cono”. “Stando nella posizione di ‘attenti’, alzate le mani più in alto che potete, sopra il capo, e intrecciate le dita fra di loro. Piegatevi all’indietro e poi portate molto lentamente le 
braccia tutt’intorno al corpo, descrivendo così una specie di cono rovesciato: le mani compiono un largo cerchio sopra e attorno al corpo, l corpo ruota sulle anche e infine all’indietro.” Ci rivolgiamo verso ogni creatura in movimento nella luce e nelle tenebre, nell’aria o nell’acqua, sulla terraferma o nelle sue profondità, per dirle di cuore: “la tua vita è la mia vita”.

5) “E formò, il Signore Iddio, l’uomo, polvere dal suolo; e soffiò, nelle narici di lui, soffio di vita: e divenne, l’uomo, anima viva” (Genesi 2,7). Con parole corrispondenti con esperienze e arti di genti atte a levigar le selci, ad accendere fuochi, a dipingere su pareti di caverne 
e ad escogitar linguaggi, si raccontano le origini di questa unità, dalla testa fino ai piedi, dell’essere umano. 
Siete memori di tali origini. “Mettetevi in piedi con le braccia tese più in alto e più indietro che potete, e poi piegatevi in avanti e in basso, finché le dita delle mani tocchino quelle dei piedi. Cominciate l’esercizio mettendovi a gambe divaricate, toccatevi la testa con ambedue le mani e guardate in alto, piegandovi all’indietro più che potete. Poi distendete le mani più in alto che potete, espirate e piegatevi lentamente in avanti e in basso, con le ginocchia tese, fino a toccare le dita dei piedi con quelle delle mani. Poi mantenendo sempre le braccia e le ginocchia tese, sollevate gradualmente il corpo, riportandolo alla primitiva posizione”. 
A questo punto è il caso di ripetere con Abramo e con Mosè, con Samuele ed Isaia: “Eccomi”. 

6) La Bibbia c’invita ad ascoltare il messaggio celato nel nome di ogni cosa, di ogni essere senziente, di ogni essere umano. E’ la vocazione: di Adamo ad essere Adamo, di Gesù ad essere Gesù. Perché non tentare anche in questo caso di comporre il nome di ognuno di noi, e la sua vocazione, il suo carattere, con un esercizio? “Mettetevi in posizione di ‘attenti’. Portate le mani ai fianchi; poi, stando sulla punta dei piedi, portate le ginocchia in fuori e piegatele lentamente fino a trovarvi gradualmente accoccolato e sempre con i 
calcagni sollevati da terra. Sollevate poi lentamente il corpo e tornate nella primitiva posizione”. In continuità con il precedente “eccomi” sembra opportuno dire e 
ripetere il proprio nome. Lo esprimiamo convenzionalmente con una N per poter dire con umiltà e con certezza che un tale N non è mai esistito né mai esisterà, per grazia di Dio


Don Gianni

Una lezione secondo il metodo naturale

da “Essere forti per essere utili” di Cesare Bedoni




Una lezione secondo il metodo naturale si basa sullo spostamento  continuo, durante il quale ci si muove all’aperto tutte le volte che sia possibile, avendo cura d’accordare a ogni esercizio il grado d’importanza che gli conviene. Gli esercizi non sono presi casualmente, ma la loro scelta deve essere dettata dal fine che si vuole raggiungere, dal carattere che si 
vuol dare alla lezione (di fondo, tecnico, di allenamento), dalla capacità degli allievi secondo la loro età, il sesso e grado di allenamento, dai mezzi e attrezzi di cui si dispone, dalla durata totale prevista dalla lezione e da altre considerazioni di ordine tecnico, pedagogico e fisico. Queste attenzioni permettono di dare alla lezione il suo pieno valore educativo.

Le regole fondamentali che Hébert pone alla base della sua lezione “naturale” sono cinque:

1. Il lavoro in scioltezza, per conseguire una migliore espressione del lavoro naturale;

2. La continuità del lavoro, per sviluppare la resistenza generale e utilizzare al meglio il tempo dedicato all’attività fisica;

3. L’alternanza degli sforzi, per ottenere un recupero tra gli sforzi maggiori e assicurare così la continuità regolando il ritmo del lavoro;

4. La libertà d’azione, per permettere l’individualizzazione degli sforzi, per regolare la resa del lavoro personale e ottenere il miglior rendimento o perfezionamento, evitando qualsiasi forma di inquadramento e di lavoro meccanico e automatico;

5. La progressività, per riscaldare progressivamente l’organismo al fine di prepararlo a esercizi più faticosi e per produrre maggior lavoro con minor fatica.

Una lezione si può ritenere completa quando è composta da esercizi appartenenti a tutti i generi fondamentali, senza eccezione. Altrimenti la lezione viene definita incompleta.
Quando diverse circostanze costringono ad eseguire una lezione incompleta, bisogna scegliere il meglio degli esercizi possibili, cioè realizzare un programma che possa meglio garantire gli effetti principali della lezione completa.